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Pci e Dc si scambiano voti e astensioni - 15 aprile 1978
Sabato 15 aprile 1978
Pci e Dc si scambiano voti e astensioni e concordano il massacro della legge.
La ritirata radicale
di Mauro Paissan
La legge sull’aborto è passata ieri sera alla camera con 308 voti favorevoli contro 276 contrari. È passata coi voti dei laici governativi (Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli) e di un drappello di democristiani. Hanno votato contro Pdup-Dp, radicali, fascisti e il grosso dei democristiani.
Il testo votato è gravemente peggiore di quello originario. Il Pci ha imposto all’assemblea alcune modifiche che limitano di molto la libertà e l’autodeterminazione della donna, rendendo estremamente difficile, se non impossibile, l’intervento abortivo per le minorenni. I comunisti hanno perseguito con rudezza la loro strategia: accordo a tutti i costi con la Dc, nonostante le proteste dell’Udi, nonostante le resistenze interne, nonostante le centinaia di prese di posizione di questi giorni, nonostante l’opposizione dei socialisti e di altri esponenti laici. La Dc ha accolto le offerte comuniste, ha contribuito con l’astensione al passaggio dei punti-caldi e è giunta fino a far passare con i suoi voti determinanti la possibilità di aborto per le donne inferiori ai 18 anni. I democristiani sanno che al Senato questo testo già peggiorato non passerà incolume, che potrà costringere i laici ad altre concessioni, e ha preferito correre il rischio di vedersi accusare da certa parte del mondo cattolico di aver permesso l’introduzione, pur gravemente limitata, dell’aborto per le ragazze e di aver dato una mano nel voto finale.
La discussione sull’articolo 12 della legge, quello appunto che stabiliva una procedura particolare per le ragazze inferiori ai 18 anni, ha avuto momenti di forte tensione. C’era un emendamento democristiano che pretendeva l’innalzamento del limite d’età ai 18 anni. E si sapeva che il Pci era disponibile a questa nuova concessione, dopo quella fatta giovedì sera sulla norma che prevede la presenza del padre del nascituro nella decisione della donna.
La discussione su questo punto inizia a mezzogiorno. Gli articoli precedenti il 12 erano passati in pochissimo tempo, perché i radicali avevano abbandonato la loro controproducente tattica ostruzionistica. Mentre per l’articolo 5 erano occorse 12 ore e per l’articolo 6 più di 4 ore, in meno di un quarto d’ora sono stati votati gli articoli 9, 10 e 11.
Il Pr, dopo aver costretto i deputati a bivaccare a Montecitorio per tutta la notte (tra partite di scacchi, cori della montagna e film delle tv private), a un certo punto decidevano di permettere una conclusione veloce dell’intera legge.
Il rapido voltafaccia radicale era stato concordato da Pannella con Ingrao. Il presidente della camera ha promesso ai radicali di posticipare nel calendario dei lavori parlamentari la discussione sulla nuova legge per la Commissione inquirente, rendendo possibile in giugno il referendum su questa materia. E così è stato interrotto l’ostruzionismo.
Può cominciare la discussione sulla proposta democristiana di impedire l’aborto libero alle ragazze. Gli indipendenti di sinistra dicono che voteranno contro; l’on. Mannuzzu afferma che «non si può condannare una ragazza a essere madre». I liberali annunciano l’astensione, socialdemocratici e repubblicani lasciano libertà di voto ai propri deputati.
La compagna Castellina interviene con tono sconsolato.
Si rende conto che la legge alla quale aveva non poco contribuito è ormai massacrata. «Il compromesso che si sta delineando è il colpo decisivo all’autodeterminazione della donna. Ciò che state facendo non farà altro che approfondire la rottura fra le istituzioni e le donne e i giovani, perché state qui condannando le donne giovani». Ha poi preso la parola Adriana Lodi, a nome del gruppo del Pci, al posto di Adriana Seroni, che si era rifiutata di parlare.
La Lodi ha parlato per mezz’ora, con voce emozionata, forse non del tutto convinta. Poco convincente, comunque, è la motivazione che porta al voto di astensione. Rivendica al Pci il merito di aver posto il limite d’età ai 16 anni, di aver difeso la libertà della donna giovane, di aver mantenuto nei mesi scorsi questo principio. E poi rivendica al suo partito anche il merito di aver tenuto presenti sempre le istanze delle grandi masse, cattolici compresi, di aver ricercato le grandi intese sui principali passi della legge. Ma subito dopo, ancora, dice che i motivi che avevano portato il Pci a tener ferma questa libertà delle ragazze non sono caduti. Però, aggiunge subito, è cambiata la situazione generale, c’è stato il 16 marzo, c’è Moro, e allora dobbiamo accettare «questa sconfitta» (la Lodi ha usato questa espressione).
È l’unico modo per far approvare la legge.
Non appena la Lodi ha finito di richiamarsi ai valori dei cattolici, si alza dai banchi comunisti l’on. Giancarla Codrignani, cattolica eletta nelle liste del Pci e membro del gruppo comunista (non della sinistra indipendente), che annuncia il suo voto contrario. «Bisogna che la legge elimini l’aborto clandestino, e la minorenne rappresenta l’area più rilevante della clandestinità. L’autodeterminazione della donna è essenziale, anche se fa paura a molti, perfino in questa parte dello schieramento politico».
Alla fine anche i socialisti dicono che voteranno contro. A questo punto è chiaro che l’emendamento dc passerà solo con l’astensione comunista, e così è: 245 sì, 69 no, 217 astenuti.
Ma non è finita. Approvato l’emendamento, occorre approvare l’intero articolo, che fissa tutte le complicate procedure per l’aborto della minorenne. I socialisti dichiarano che voteranno contro, perché l’articolo è stato gravemente manomesso.
Contrari anche Pdup-Dp, radicali, missini (questi ultimi perché permissivo). I soli voti di Pci-Psdi-Pri-Pli non bastano. Interviene allora la Dc che dichiara di astenersi, permettendo il passaggio dell’articolo e con esso della intricata possibilità d’aborto per la minorenne.
La vicenda è completa dal punto di vista politico, Pci e Dc ne escono entrambi con le mani sporche. Si può procedere al voto finale.