Picchiavano anche i parlamentari". Ma è a poca distanza, tra corso Vittorio e piazza della Cancelleria, che ci sono gli scontri più violenti. Gli agenti sparano lacrimogeni ad altezza uomo. E sparano con le armi d'ordinanza, come documenta un video che da quarant'anni attende una risposta. Tano è lì, l'agente Santone neanche lo guarda quando lui scatta.
"Ma la fortuna di quella foto - dice Tano sorridendo - non è quel che si vede: un'agente in borghese con la pistola era normale per quei tempi, tanto che non l'avevo neanche stampata. La cosa che fece la fortuna di quella foto, fu che Cossiga disse che non c'erano in piazza agenti in borghese". Quando sentì le parole dell'allora ministro dell'Interno, Tano sobbalzò. Avvisò i Radicali che aveva quello scatto e loro lo "fecero stampare e ne fecero 40mila poster con cui tappezzarono l'Italia". E fece il giro dei giornali, che pubblicarono la foto e scrissero contro il ministro. Ma Cossiga rimase al suo posto. Tano diventa serio. "Non ho mai subito minacce dirette, ma nell'80 mi hanno tolto il lasciapassare stampa. In quel periodo inoltre, due colleghi che frequentavano la questura e di cui non farò mai il nome, vennero da me. Senza mai guardarmi negli occhi mi dissero: 'parlavano di te, li abbiamo sentiti, dicono che te la faranno pagare. Ero terrorizzato, dissi solo 'che posso fare'. Rispose uno di loro, non dimenticherò mai quelle parole.
"Non imboccare mai una strada se non vedi altri passanti". Ma non tutti i poliziotti erano contro di lui. Il fotografo racconta che diversi agenti andarono da lui. "Mi dissero che Giorgiana era una 'donna' e i poliziotti che io avevo fotografato erano 'uomini'. Mi hanno voluto chiaramente dire che Giorgiana è stata uccisa in quanto donna, per non correre il rischio di uccidere un loro collega".
Un giorno, tanti anni dopo quel 1977, D'Amico ebbe l'occasione di parlare direttamente con Cossiga. "Gli chiesi perché fece picchiare le donne che il giorno dopo l'omicidio di Giorgiana erano andate su ponte Garibaldi a piangere. E gli chiesi perché aveva mentito all'Italia e al parlamento. Lui - ricorda Tano - rimase un attimo in silenzio, poi rispose. 'E' vero', mi disse. E aggiunse che prima di mentire aveva parlato con una serie di persone di cui fece i nomi. Erano i padri della patria dell'epoca. Quel giorno ha agito per lo Stato, servivano dei morti, ne volevano tanti, ne hanno fatti pochi".