Salti di Gioia - Luisa Muraro

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a proposito della fine del patriarcato

  SALTI DI GIOIA

   di Luisa Muraro

    su Via Dogana n°23 - Milano 1995


Se qualcuno o qualcuna vi dice che questi sono tempi brutti, chiedetevi di chi è questo pensiero. Potrebbe essere di vostra suocera dopo tre ore di coda alla USL, di un intellettuale che ha perso la strada e non sa più dove si trova, dell'amica che presta la sua opera in un campo profughi, di un adolescente in difficoltà con la scuola e la vita... E poi lasciatelo entrare, questo pensiero, e prestategli l'attenzione che vi pare giusta, ma non fategli prendere il posto che è e deve restare di un altro pensiero: questi sono i tempi della fine del patriarcato, dopo quattromila anni di storia e chissà quanti di preistoria. E' finita! E' finita! E' finita! Può darsi che questa non sia la forma precisa del vostro pensiero e può darsi pure che questo non sia il vostro pensiero, ma se gli farete un posto, oltre a trovarvi con un timpano in più per i mille discorsi intorno ai nostri tempi, avrete dato un riparo simbolico al corpo femminile, senza il quale io temo che non ci sia un limite alla prevaricazione. 

Lo scopo di Via Dogana 23 non è discutere o dimostrare la fine del patriarcato ma, semplicemente, fare un posto a questo pensiero. La realtà che cambia, senza che abbiamo registrato il cambiamento, rischia di fare solo confusione nelle teste. Ci sono femministe, persone bravissime, che bruciano di desiderio del cambiamento e non si accorgono che il cambiamento è in corso. Come mai? Forse le cose sono andate troppo in fretta, è una risposta, ma non va, perché il patriarcato ha cominciato a finire almeno duecento anni fa (Jane Austen, Leopardi) o settecento (Guglielma Boema). 0 forse le cose non sono veramente cambiate, è un'altra risposta, seguita solitamente da un elenco, purtroppo lungo e vero, di sventure e ingiustizie che si abbattono sulle donne in ogni parte del mondo. Risposta insidiosa, che mette avanti solo la sofferenza, con il risultato di privarci dell'intelligenza della realtà che sta cambiando favorevolmente al sesso femminile. 0 forse, altra risposta, le cose desiderate non arrivano come le abbiamo aspettate e capita cosi che non vengano riconosciute proprio da chi le aveva aspettate e anticipate. Ma non sarebbero arrivate se non fossero state desiderate e anticipate, questo va detto.Se qualcuno vi dice che tutto dipende dalprofonde trasformazioni del sistema produttivo, sappiate che non è vero, perché non è mai successo che il sistema produttivo abbia cambiato se stesso e i nostri modi di vivere senza l'azione di desideri messi in pratica e in parole. La fine del patriarcato dipende, certo, da fatti materiali esterni (anticoncezionali, mercato del lavoro...) ma insieme a fatti materiali interni (pratica di rapporti fra donne, amore femminile della libertà...) e fatti morali, come il coraggio e la creatività di quelle che ci hanno aperto la strada. Da anni, anzi da secoli e forse da millenni, vi sono state donne che hanno desiderato la fine del controllo maschile sul corpo femminile fecondo. E che hanno agito e parlato di conseguenza, pronte a cogliere o inventare ogni occasione per avanzare in questo senso, dal fidanzamento con Gesù alla psicoanalisi, dai pellegrinaggi all'UDI, dal lavoro di fabbrica allo studio indefesso, dalla pillola al gruppo femminista. 

Come mutazione sociologica, la fine del patriarcato ha chiesto e chiederà ancora tempo e forze. Ma il fatto simbolico di un corpo femminile non più destinato all'uso privato familiare o sociale deciso da uomini, è qui davanti a voi, nella verità indistruttibile di queste parole. La cosa è fatta. E' finita. Non è una crisi, è una fine. In questo mondo unificato, un evento simile non è che qui accade e là non può accadere. La Conferenza del Cairo 1994, del resto, lo ha dimostrato e lo dimostrerà anche, ho fiducia, quella imminente di Pechino. 

Ma se a voi pare che non è accaduto tutto né molto di ciò che avete desiderato per voi stesse, le vostre figlie, le vostre simili che vivono vite più difficili, se pensate che restano aperti problemi e drammi troppo grandi per autorizzare salti di gioia, non oso contraddirvi. Vi suggerisco però di prestare attenzione alle sofferenze risparmiate. Fino a pochi decenni fa, nel mondo intero, la donna che restava incinta senza essere sposata, era esposta, poco o tanto, alla vergogna sociale. Oggi, non succede, e dove succede ancora, è diventato possibile, a una maestra di scuola, a una suora, a un'assistente sociale, a una sorella maggiore... impedire il ripetersi di una simile barbarie che, nella mia giovinezza, mi riempiva di orrore. Perciò oggi mi sento di fare salti di gioia. 

E se qualcuno, dall'alto di una cattedra o dallo schermo della televisione, piange o predica sulla bruttura dei nostri tempi imputandola alla crisi dei (suoi) valori, vi suggerisco di scusarlo, pensando all'angoscia della maschilità nella sua difficile transizione dal privilegio sessista a un dove ancora tutto o quasi da disegnare. Ma, certo, dovevano essere "valori" strani e ambigui se la mia, tua, femminile libertà li ha messi in tanta crisi.

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