Mia mamma Tina Merlin la cassandra del Vajont

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“Mia mamma Tina Merlin
la cassandra del Vajont, donna e cronista ribelle”
 
 
IN COSTRUZIONE
 
di Enrico Ferro
 
longarone (belluno) — Quella del Vajont e il figlio di quella del Vajont.
 
Dietro una grande donna, spesso, c’è un bambino che ascolta e osserva. «La mia era una mamma strana, perché faceva un lavoro da uomini. Quando litigava al telefono gridava tantissimo, ma non come il personaggio interpretato da Laura Morante nel film», ricorda con un sorriso Toni Sirena, il figlio di Tina Merlin, che fu soprannominata “la cassandra del Vajont”. Partigiana, giornalista, femminista, comunista. È stata lei, per lungo tempo, a scrivere su L’Unità che la diga del Vajont era pericolosa. Rimase inascoltata e, 61 anni dopo, si ricordano ancora una volta i 1.910 morti travolti da acqua e fango, dopo che una frana sul monte Toc fece straripare l’enorme bacino realizzato per una centrale idroelettrica. L’onda sommerse i comuni di Erto e Casso e Longarone. «Ma non mi piace la retorica della giornalista d’assalto, il suo non era un lavoro solo individuale. C’è sempre stato anche il partito», dice quest’uomo di 73 anni ormai in pensione, dopo aver fatto anch’egli il giornalista.
 
Toni Sirena, davvero dietro molte delle posizioni assunte da sua madre c’era il partito?
«Certo. Mia madre si batteva per la gente e per il rispetto dell’ambiente ma quelle erano anche le posizioni del Pci. Scriveva nel loro giornale e interpretava la linea attraverso le sue battaglie sociali. Dopo il disastro scrissero: l’avevamo detto. La Dc diede loro degli sciacalli, come pure Indro Montanelli».
Chi era davvero Tina Merlin?
«Faceva la staffetta per la brigata partigiana, entrò nella resistenza a 17 anni: Joe era il suo nome di battaglia. Una volta stava trasportando una ricetrasmittente rubata ai tedeschi in un sacco sulle spalle. Le guardie la fermarono, le chiesero cosa ci fosse dentro. Lei rispose kartoffeln, patate. La lasciarono andare. Questa era mia madre».
Senza paura.
«Era una ribelle, aveva fatto solo fino alla quarta elementare perché veniva da una famiglia povera. A 12 anni aveva lavorato come domestica in una villa di Milano ma non le piaceva essere trattata come una serva. Così una notte scappò, fuggì dalla finestra».
Come viveva la militanza?