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Dopoguerra: Lecce è Monarchica
L’onda lunga della monarchia
Il 2 giugno 1946 il 54,3% degli italiani aveva scelto la Repubblica, mentre il 79% dei leccesi aveva scelto la Monarchia. Una percentuale altissima, ma che non dovrebbe sorprendere se considerata con l’esiguità della vittoria repubblicana e con il consistente numero di voti ottenuti in tutto il Sud dalla Monarchia
Al referendum istituzionale del 2 giugno 1946, a Lecce votarono 30.750 elettori pari al 93% del totale (33.030).
La Monarchia ottenne 23.285 voti, pari al 79%, contro i 6.186 della Repubblica (21%).
I voti non validi furono 1.279.
In Puglia la Monarchia raccolse il 67,3% di suffragi, seconda solo alla Campania dove ebbe il 76,5%.
La peculiarità dell’influenza monarchica o, meglio, del Partito monarchico, sulla vita politica leccese, è nella sua durata. Di fatto, il Pnm (Partito nazionale monarchico) e, successivamente, il Pdium (Partito d’unità monarchica) esercitarono un ruolo chiave fino al 1967, anno della scomparsa del loro leader più rappresentativo e carismatico: Oronzo Massari.
Per capire quali furono le ragioni di una così lunga e importante influenza, bisogna ricostruire brevemente le vicende e la situazione locale nell’immediato dopoguerra.
La città era stata solo sfiorata dalle vicende belliche e per questo poteva contare su una propria autosufficienza, conservando un certo distacco ed isolamento, quasi a legarsi più con il passato prefascista che a protendersi verso un futuro democratico.
''Lecce era sostanzialmente al di fuori dei fremiti rivoluzionari, lontana anche dall’Europa liberal-capitalista. Viveva quasi con rassegnazione il suo mai vinto feudalesimo agrario, i suoi rapporti sociali che sapevano d’antico, anzi di remoto, gelosa di preservarli dalle novità di quegli anni e dalle rivoluzioni politiche che pure avvenivano in Italia. Insomma alla caduta del fascismo Lecce tornava all’antico, senza brividi di novità, con una specifica fede politica di destra'' [Quarta 1991].
La conferma che viene nella scelta monarchica è sintomatica di come questa città viva in modo tutto suo, dove anche il popolo, oltre alle famiglie borghesi, sembra convinto della bontà dell’istituzione monarchica. Gli anni che vanno dal ’43 al ‘50 sono quelli della conservazione e si muovono in un quadro economico dove prevale il settore primario.
Va subito rilevato che ogni fenomeno politico doveva misurarsi con la Chiesa locale che, in quegli anni, era impegnata intensamente nella difesa dei valori tradizionali (anche in modo a volte esasperato, puntando su molte credenze popolari) al fine di mantenere salda l’influenza sulle coscienze popolari. Il fenomeno del Partito monarchico negli anni ’50, seppure intriso di forte qualunquismo, è giustificabile proprio per la condivisione di buona parte degli ideali cattolici.
Solo quando il partito democristiano, verso la fine degli anni ’60, riuscì ad appropriarsi di questi ideali e di questa base popolare fu in grado di imporsi in modo notevole sulla scena politica cittadina. Allo stesso modo, l’affermazione del Partito liberale a Lecce e l’elezione di Agrimi (Dc) e Bonea (Pli) in Parlamento, negli anni ’60, fu determinata dall’apporto decisivo di voti ex-monarchici.
Nelle elezioni politiche per la Camera dei deputati del 1963 e del 1968 il Pli divenne il secondo partito della città, passando dal 3,8% dei voti nelle elezioni del ’58 rispettivamente al 15,8% e al 13,6%, performance che non riuscì più a ripetere nelle tornate elettorali successive .
Lecce qualunquista
Il “fenomeno monarchico” è strettamente legato all’esplosione del Partito dell’Uomo qualunque. Nelle elezioni amministrative leccesi del 1946 l’Uq raccoglieva il 47,1% dei suffragi, pari alla maggioranza assoluta dei seggi in consiglio comunale, conquistando il diritto di avere un proprio esponente alla carica di primo cittadino (Tab. 1.3).
E’ fuori dubbio che un ruolo importante nell’affermazione del qualunquismo l’abbia avuto l’elevato livello di analfabetismo e, di conseguenza, il basso grado di cultura presente a Lecce in quegli anni.
Tuttavia, altrettanto determinante erano l’atmosfera di delusione per i decenni passati che avevano mantenuto le popolazioni nella sostanziale arretratezza; e la mancanza di prospettive chiare per l’immediato futuro; ma era, anche, la miseria, la povertà che si manifestava in quegli anni in tutta la sua durezza. Tutto ciò si inseriva nella più generale volontà di vivere alla giornata, senza impegnarsi o interessarsi minimamente della politica, verso la quale vi era un rifiuto totale.
Tab. 1.3 Composizione delle maggioranze che si sono insediate alla guida del
Comune di Lecce. 1946-1998
Periodo Sindaco Composizione giunta
Dic '46- Mar '48 Nacucchi Nicola (Uq) Uq, Monarchici
Mag '48- Giu '51 Martirano Gabriele (Indip.te) Pnm, Pli, Uq, Msi
Lug '51- Apr '58 Massari Oronzo (Pnm) Pnm, Pli, Msi
Giu '58- Nov '60 Nacucchi Nicola (Pdium) Pdium, Pli, Pri, Msi
Dic '60- Mar '63 Agrimi Alessandro (Dc) Dc, Pli, Psdi
Mag '63- Gen '65 Sellitto Francesco (Dc) Dc, Pli, Indip.ti
Gen '65- Ago '67 Sellitto Francesco (Dc) Dc, Pdium, Pli*, Indip.ti*
Ago '67- Nov '67 Commissario prefettizio -
Gen '67 -Lug '69 Lecciso Pietro (Dc) Dc, Psu, Pri
Lug '69- Giu '70 Commissario prefettizio -
Lug '70- Mag '75 Capilungo Salvatore (Dc) Dc, Psi, Psu, Pri
Giu '75- Giu '77 Capilungo Salvatore (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri
Lug '77- Mag '83 Meleleo Salvatore (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri
Mag '83- Set '85 Giardiniero Ettore (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri
Set '85- Gen '86 Meleleo Salvatore (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli
Gen '86- Ott '88 Melica Augusto (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli
Ott '88-Nov '93 Corvaglia Francesco (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli
Nov '93-Nov '94 Ottorino Fiore (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli
Nov '94- Mag '95 Corvaglia Francesco (Dc) Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli
Mag '95- Nov '97 Salvemini Gaetano (Pds) Pds, Ppi, Verdi, Rc, Sdi, Dini
Nov '97- Mag '98 Commissario prefettizio -
Mag '98- Poli Bortone Adriana (An) An, Fi, Segni, Ccd, Cdr, Urep
* -Da luglio 1966
* - Ne fanno parte i "massariani" staccati dal partito
- Il Pri ottine un incremento negli anni in cui segretario nazionale del partito era il leccese Oronzo Reale, in seguito più volte di Ministro della Giustizia nei governi Moro. Nonostante Reale non fosse eletto nella Circoscrizione leccese, ma in quella di Ancona, esercitò un’indubbia influenza sul partito della sua città.
Fonte: Comune di Lecce, Ufficio elettorale
''Mentre, altrove, le elezioni del ’46 erano occasione per imporre le ragioni politiche della Dc e dei partiti di sinistra, a Lecce (ma, in verità, non soltanto qui) erano l’occasione per il determinarsi di una non scelta, dell’attesa, forse della riflessione, ma anche della protesta'' [Quarta 1991].
La Dc leccese in questi anni trovava il terreno “occupato” dal qualunquismo e dai monarchici e, per questo, faceva fatica ad affermarsi al governo della città. Anche nelle elezioni politiche erano evidenti tali difficoltà: nel 1953 la Dc perdeva quasi il 10% dei consensi rispetto alle elezioni del ’48, mentre il Pnm li guadagnava passando dal 17,4% al 27,3%, diventando il secondo partito della città.
Nel ’53 otteneva un buon risultato anche il Msi che passava dal 3,7% all’11,2%, affermandosi come una delle forze politiche di maggiore importanza. Da allora il Msi a Lecce non scenderà più sotto questa percentuale di voti, anzi aumenterà i suoi consensi (specialmente dopo la trasformazione in An) sino a giungere al
governo cittadino nel 1998 con Adriana Poli Bortone.
I partiti di sinistra negli anni ’50 a Lecce svolgevano un ruolo di secondo piano; solo il Pci superava il 10% dei voti, mentre il Psi era in una fase di consolidamento.
La classe politica leccese era formata da personaggi che avranno non poca influenza nelle vicende politiche future: l’Uq era rappresentato in parlamento dal Sen. Nicola Nacucchi, già sindaco nel 1946; il Pci aveva in Giuseppe Calasso il suo esponente più in vista; Vito Mario Stampacchia fu deputato della Costituente per il Psi; infine, Giuseppe Grassi, massimo esponente del Bnl nel 1948 era Ministro di Grazia e Giustizia.
Ma gli anni ’50 a Lecce erano caratterizzati, soprattutto, dalla figura carismatica del monarchico Oronzo Massari, che per sette anni era stato sindaco e successivamente Senatore della Repubblica. Egli rappresentava pienamente una certa invincibile voglia di indipendenza dei leccesi (per molti versi riscontrabile ancora oggi), per i quali Lecce doveva essere intesa come un’isola felice della politica e della cultura nazionale. Un mondo a se stante, diverso, aristocraticamente isolato, orgoglioso della sua autosufficienza. Massari aveva catturato una grande fetta dell’elettorato moderato leccese e lo aveva spinto su posizioni politiche poco in linea con la Costituzione italiana. Lecce era diventata con lui un’isola barocca, fortemente qualunquista, che non poteva evitare di scontrarsi prima o poi con le spinte dello sviluppo economico [Quarta 1994 e 1998].
Fino al 1959, anno in cui i monarchici si spaccano dando vita al Pdium, al quale Massari non aderisce, la sua influenza fu cruciale nell’impedire alla Dc di andare al governo della città.
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