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Le ragazze di Maggio
Alba de Cespedes nella presentazione italiana del suo libro (prezioso, introvabile, ''Chansons des filles de mai'', uscito a Parigi nel 1968 e pubblicato in Italia da Mondadori nel 1970): ''Durante i mesi di maggio e giugno 1968, mi trovavo a Parigi, in uno studio di rue de Tournon, sulla rive gauche, a due passi dalla Sorbona, da Saint-Germain-des-Près, nel quartiere dov'è scoppiata la rivolta degli studenti e dove avevano luogo i loro scontri con la polizia. Lavoravo al mio nuovo romanzo, e ho l'abitudine di lavorare di notte; ma, dai primi di maggio, il silenzio notturno era lacerato da scoppi di granate, da detonazioni, da grida, dal rumore di passi in fuga, che mi distraevano dal mio libro. Non facevo altro che seguire ciò che accadeva attorno a me: rimanevo per ore al transistor, ascoltando le notizie che i radiocronisti trasmettevano direttamente dal Quartiere Latino.
Di giorno uscivo, mi recavo alla Sorbona, all'Odéon, assistevo ai dibattiti, alle riunioni, e lì come nelle strade devastate, disselciate, ingombre di automobili carbonizzate e puzzolenti di gas, incontravo i giovani rivoluzionari, li interrogavo, li spingevo a parlare. Più loquaci, le ragazze divenivano ai miei occhi le protagoniste di quella rivolta che fu il primo segno spontaneo e inequivocabile della lotta che sta cambiando la nostra società; forse perché la donna per sua natura esprime con passione le proprie idee, i propri sentimenti, e affronta con una sorta di eroismo ogni vicenda della propria vita.
Quelle notti, quei giorni, quegli incontri, di cui a tutta prima volevo soltanto prendere nota, in italiano, nel mio diario, si sono invece presentati a me come momenti di un unico poema, che mi è venuto naturale scrivere nella lingua, anzi con le stesse parole, di coloro che lo hanno vissuto; e che oggi ho riscritto in italiano.
LETTRE A UNE MERE
Mère,
comprends-moi dès
aujourd'hui:
plus tard, tu devras bien
me comprendre,
les autres aussi.
Tu aurais compris
Pourtant,
Si j'étais partie avec un amant:
Tu es romantique,
Et ces choses-là, à mon âge,
Finissent toujours par un mariage.
Tu aurais compris
Si je m'étais enfuie
Pour devenir
Une star de la télévision
Ou du cinéma :
Cela rapporte des millions.
Mère, efforce-toi,
Comprends-moi:
Plus tard, il ne sera pas
Nécessaire d'être une mère
Pour comprendre.
Je ne suis pas partie
Pour gagner beaucoup d'argent
Ni pour vivre un roman
Rose:
Je suis partie pour
Quelque chose
Que je crois juste.
Ecoute-moi, mère
De mon enfance,
Ton visage craintif
Auprès de mon lit,
Mère fatiguée, mère
De chagrins,
Et de courses,
Mère pleine de soucis,
Mère de quatre enfants
Longs à porter,
Mère étrangère à tout
Ce que j'étais, et pourtant
Mère qui me comprenais
Sans comprendre.
Ne sois pas du côté des policiers,
Du côté des bourgeois,
Ce n'est pas ton côté,
Mère, avec ton cabas
Lourd,
Ton porte-monnaie
Léger,
Avec tes mains qui sentent
Vingt ans de vaisselle,
De ménage, de potage,
Avec tes craintes de femme
D'employé
Qui peut être renvoyé
D'un jour à l'autre.
(A propos:
papa devrait profiter de tout ça
• les émeutes, les grèves •
pour faire signer son contrat
à monsieur Pélissier.)
Merci, mère, pour tes gâteaux
De Noël,
Pour tes cadeaux d'anniversaire
Achetés à crédit,
Pour les robes que tu m'as
Cousues,
Lavées,
Repassées,
Jusqu'à minuit.
(Mon manteau bleu
est resté dans la penderie,
tu le donneras à Anne-Marie,
le sien était bien fatigué).
Je n'ai rien,
Et je ne veux rien.
Je voudrais seulement
Que tu ne me dises pas
Des mots de mépris,
Quand je te téléphone.
Mère, réponds-moi:
C'est la dernière fois,
La dernière pour de bon.
Je sais: papa ne veut pas
Que tu me voies.
Pour un homme de ce genre-là,
C'est tout naturel,
Mais les femmes
Ont le coeur plus grand.
Mère, je voudrais te parler
Comme je te parle, de loin.
Je t'aime, mère,
Même si je ne reviens
Jamais
A la maison.
Je voudrais passer te voir
Le dimanche
Quand papa va jouer
Aux cartes.
Ou bien, nous
Pourrions nous rencontrer
Dans un square.
Nous n'aurions rien
A nous dire:
Je te regarderais,
On se tiendrait la main
Pour un moment,
Avant de reprendre nos chemins
Différents.
(D'ailleurs, c'est bien
ça, l'affection:
cette chaleur sans raison
que nous ressentons
en dépit de tout ce
qui nous sépare:
ces mots jetés,
ces regards échangés,
et ces regrets, ces remords,
cette vague de tendresse
désespérée).
Mère, pardonne-moi
De ne pas avoir épousé
Le gars du quatrième
Qui avait un si bel avenir
Dans les Ponts et Chaussées.
Pardonne-moi pour la robe
De mariée que tu ne pourras
Pas m'acheter.
Je ne suis pas
Celle que tu rêvais
Mais je ne suis pas non plus
Celle que tu pleures.
Je suis comme toutes
Les filles du monde:
Une inconnue
Qui te ressemble,
Et qui mène une vie
Que tu n'aimes pas.
Il est ainsi
Pour tous les parents,
Mais pour chaque enfant
Sa mère est une mère
Extraordinaire.
Mère, adieu, ou au revoir,
Ce sera comme tu voudras.
Tu peux toujours m'appeler
Chez Marion:
Elle me préviendra aussitôt.
Je t'aime, mère,
Comme nous pouvons aimer
Aujourd'hui:
Sans émotion et sans merci.
:
LETTERA A UNA MADRE
Mamma, comprendimi fin d'ora:
dovrai ben comprendermi, un giorno,
anche gli altri dovranno.
M'avresti capita di certo
se fossi fuggita con un amante:
sei una sentimentale,
e alla mia età queste fughe
finiscono in marcia nuziale.
Avresti compreso
se me ne fossi andata
perché volevo diventare una stella della televisione
pagata un milione per sera:
Mamma, fa' uno sforzo,
cerca di capirmi:
poi, alla fine,
non sarà proprio necessario essere una madre
per comprendere.
Non me ne sono andata
per guadagnare molti soldi
né per vivere un romanzo rosa:
ti ho lasciata
per qualcosa che credo sia giusto.
Ascoltami,
madre della mia infanzia,
il tuo volto ansioso
presso il mio letto,
madre sfinita,
madre di guai,
e di commissioni,
madre piena di preoccupazioni,
madre di quattro figli difficili da portare avanti,
madre straniera
a tutto quello che ero,
eppure madre
che mi capiva senza capire.
Non essere dalla parte della polizia,
dalla parte della borghesia,
non è la tua parte, quella,
madre dalla sporta pesante,
dal portamonete leggero,
dalle mani che emanano decenni di rigovernatura,
di spazzatura,
di minestra di verdura,
con le tue paure di moglie d'impiegato
che può essere licenziato
da un giorno all'altro.
(A proposito:
papà dovrebbe profittare di tutto ciò
'' i tumulti, gli scioperi in atto ''
per far firmare un contratto
al signor Pélissier.)
Grazie, mamma,
per i dolci di Natale,
per i regali di compleanno
comprati a credito,
per i vestiti che m'hai cucito,
lavato, stirato,
fino all'una di notte.
(Il cappotto azzurro
l'ho lasciato in camera mia:
dallo ad Anna Maria,
il suo era proprio sciupato.)
Non ho niente,
e non voglio niente.
Vorrei soltanto
che tu non mi dicessi parole offensive,
quando ti chiamo
al telefono.
Mamma, rispondimi:
questa è l'ultima volta,
l'ultima veramente.
Lo so:
papà non consente che tu mi veda.
In un uomo del tipo suo
è naturale questo rigore,
ma le donne hanno il cuore più grande.
Mamma,
vorrei parlarti come ti parlo di lontano.
Ti voglio bene,
lo sai,
anche se non tornerò mai,
mai più, a casa.
Vorrei venire a trovarti
la domenica,
quando papà va a giocare a carte.
Oppure potremmo incontrarci
ai giardini.
Non avremmo niente da dirci:
io ti guarderei,
tu mi guarderesti,
ci terremmo la mano un momento,
prima di riprendere ciascuna
la sua strada,
differente.
(Del resto,
l'affetto non è che questo:
un calore istintivo,
senza motivo,
che ci pervade nonostante tutto quanto ci divide,
parole abbandonate,
occhiate scambiate,
rimpianti,
rimorsi,
in un'ondata di tenerezza
disperata.)
Mamma, perdonami
per non aver sposato il ragazzo del quarto piano
che aveva un bell'avvenire assicurato
all'Esattoria Comunale.
Perdonami
per la veste nuziale
che non potrai comperarmi.
Non sono quella che sognavi,
ma non sono nemmeno
quella che tu piangi.
Sono una figlia
come tante altre:
una sconosciuta
che ti somiglia
e fa una vita che non ti piace.
Siamo tutti così,
per i genitori,
ma per ogni figlio
la propria madre
è una madre straordinaria.
Mamma,
addio,
o arrivederci,
come vorrai.
Puoi sempre chiamarmi da Marion:
lei sa dove trovarmi.
Ti voglio bene, mamma,
come possiamo amare oggi:
senza commozione
e senza pietà.
30 Mai 1968
Ce soir, notre quartier,
sur la rive
gauche,
porte le deuil de ses rêves.
Derrière les fenêtres sans lumières
- orbites noires dans la pâleur des façads -
des yeux vides de regards
fixent les rues désertes.
Encore un soir,
le dernier,
nous serons entre nous:
les fous d'amour et de révolte.
Cette rive sera encore
la nôtre;
à nous seuls, prison, ghetto,
léproserie.
Ils resterons sur la leur.
Ils n'oseront pas traverser
la frontière
de la Seine.
Ils nous reconnaissent le droit
à cete veilée funèbre,
à cette liberté
surveillée -- de loin --
par une armée qui veille
elle aussi,
qui épie
notre silence méprisant,
inquiétant.
veillent dans la cour
de la Sorbonne.
La place de l'Odéon
serre entre ses bras
ronds
cette belle nuit de printemps.
Les mots des graffiti
qui pavoisent les fac,
circulent comme des feux follets
parmi les tables des cafés-tabac
du boulevard Saint-Germain.
Dans nos rues, coupables
de complicité,
les pavés-munitions arrachés
ont été replacés hâtivement,
sévèrement.
C'est sur les mains de la jeunesse,
sur les pierres de son chemin
qu'ils rouleront demain,
de l'autre rive,
vers le week-end rassurant.
Dans leurs mansardes
autour de la Sorbonne,
dans des chambres de bonne
tapissées de posters
-- le regard fier du Che --,
des garçons et des filles, armés
de poésie et de colère,
font l'amour avec un plaisir
désespéré,
mouillé des larmes.
Ces garçons aux cheveux longs,
ces filles aux jupes courtes,
sont les citoyens de nos rues
de la rive
gauche.
L'odeur âpre de leurs corps
d'écoliers,
est l'air même
de notre quartier.
Partout, dans le Sixième,
sont affichés des tracts
en forme de poèmes.
Demain matin,
de bonne heure,
on les recouvrira
avec des publicités
de machines à laver
det de frigidaires.
Les hirondelles du Luxembourg
poussent des cris d'adieu.
Des pranches amassées sur le boulevard
s'exhale un dernier relent
de gaz;
mais rien n'en restera
lorsqu'ils viendront de l'autre rive
se faire photographier,
sur les squelettes des voitures
brûlées.
O nos enfants de mai,
héros de nuits criblées d'étoiles
et de coups.
On oppose le fer et l'acier
aux roses de l'imagination.
Aux carrefours, le long
des boulevards,
les yeux perçants
sur les toits des voitures
de police;
les paniers à salade, les ambulances,
les hommes habillés, casqués,
masqués de noir,
les boucliers noirs;
toute la panoplie
sinistre
de la répression est prête
contre une révolution
qui n'aura pas lieu.
Les câbles du téléphone
traversent le ciel silencieux:
Littré, Odéon, Médicis
ne répondent pas
ce soir.
Derrière nos fenêtres closes,
près des téléphones muets,
des transistors éteints,
nous veillons en silence
nos espoirs matraqués.
Mais les gestes de nos enfants
de mai
restent -- ineffaçables --
dans l'air le temps l'espace
de ce quartier,
sur la rive
gauche.
Alba de Cespedes
fonte http://ohuiginn.net/mt/2009/07/chansons_des_filles_de_mai.html
Leggi anche: www.treccani.it